PROLOGO: Il locale era buio,
umido e freddo, isolato dal resto del mondo.
Aveva perso il conto del
tempo, ormai. Legato come un salame, così strettamente che aveva da tempo perso
la sensibilità delle mani e dei piedi. Si chiese vagamente se gli arti gli fossero
già andati in cancrena.
Stava male, era debole,
affamato ed assetato. Quanto a lungo può vivere un essere umano senza bere? Tre
giorni? Lui si sentiva la lingua arida come da una settimana.
Quando aveva smesso di pregare
per un aiuto, uno qualunque? Non lo sapeva, non più. Sapeva solo che aveva la
gola roca per il gran gridare…
Da un angolo, nel buio, giunse
una risatina. Ed una voce. Maschile, quella del suo carceriere e tormentatore.
Il maledetto non lo aveva mai lasciato da solo, e a differenza di lui non
sembrava mai avere bisogno di cibo od acqua.
“Pazienza, Mr. Cowan. Pazienza.”
Quella voce! Oddio, quella
voce! Non era la voce di un essere umano, ed ogni volta che la udiva, il suo
cuore perdeva dei colpi. Non credeva di potere provare una simile paura a quei
suoni gutturali, oscena parodia di quelli umani!
“Lui sarà qui presto. Lo
conosco.” Ridacchiò. “E allora e solo allora lei morirà. Sotto i suoi occhi.”
MARVELIT presenta
MARVELIT TEAM-UP
Episodio 2 - Licantropus
& Moon Knight: La Luna
dei Cacciatori
Deserto del Nevada
Fai uno sbaglio, e lo paghi
per tutta la vita.
Se almeno avessi potuto
pagarlo solo io, avrei potuto accettarlo. Perché è così che dovrebbe essere,
sempre.
Nessun altro, soprattutto
nessun innocente, dovrebbe pagare per i tuoi errori.
Non era il mio caso.
Purtroppo.
Notte di Luna Piena. Il morso
del vento sul corpo. Un potente motore sotto di me. Una strada asfaltata
perfetta sotto la mia moto.
In altre occasioni, avrei
approfittato di una notte come questa per correre nella foresta, per cacciare e
riempirmi la pancia senza altro pensiero che il presente.
Ma il tempo incombeva. Ogni
giorno che passava metteva a rischio la vita dei miei fratelli e dei miei ‘figli’.
Ogni tanto maledicevo il non
avere chiesto aiuto ai miei ‘colleghi’ della Justice Inc., ma
questa faccenda non era la loro. Dovevo farcela da solo, era un punto d’onore
per me e per il mio peloso alter-ego.
Oh, a proposito, il nome è
Jack Russell. Ma potete chiamarmi anche Sabre, o Licantropus.
La Luna mi chiamava, ed il
Lupo voleva rispondere. Io volevo
rispondere, ma la speciale moto che Angela mi aveva dato era non solo veloce,
ma il solo mezzo per risparmiare forze.
Sospettavo, solo sospettavo,
chi fosse la persona che andavo ad incontrare.
Combattere.
E potevo essere un tantino irruento, certe volte, ma non stupido. Una batosta bastava
ed avanzava, soprattutto quando ci ero rimasto quasi secco, allora.
Speravo, e speravo davvero, di
sbagliarmi.
Scossi leggermente la testa
per schiarirmela. Solo pensare a quella persona stuzzicava pericolosamente il
Lupo.
Diedi un colpo
all’acceleratore. La strada scorreva sotto di me come un taglio perfetto fino
all’orizzonte. Faceva un freddo pazzesco, ma almeno non pioveva.
Prima notte di Piena. I miei
sensi erano più acuti che mai, anche sotto forma umana. Bramavo di percepire
l’odore della persona di cui mi ero scioccamente fidato!
E fargliela pagare!
All’inizio, avevo deciso di
lavorare da solo, per ovvie ragioni di sicurezza. Volevo trovare ed aiutare, in
qualche modo, le persone che avevo contagiato con i miei morsi. Un’impresa
difficile, visto che prima di acquisire la piena integrazione fra l’Uomo ed il
Lupo, nelle notti di Piena erravo come una bestia senza mente, guidato
dall’istinto e niente altro, senza che dei miei misfatti rimanesse memoria il
giorno dopo.
Potevo solo basarmi sulle
cronache ‘improbabili’, i tabloid, l’istinto, e la
speranza…
Esatto, non sono delle gran
basi per fare il detective, anche limitandosi al territorio nordamericano. Come
potete capire, dopo il primo mese cominciai a sentirmi un po’ depresso.
Lui mi contattò attraverso la
mia e-mail. I cyber-café erano i soli posti dove attingere ad informazioni
utili, e lasciavo spesso dei messaggi, cambiando pseudonimo ogni settimana.
Rimasi affascinato dal mio corrispondente
fin da quel primo messaggio: chiaramente era una persona colta, lucida, prudente
e più aperta di mente di quanto sospettassi. Mantenni
un contatto fitto, naturalmente cambiando locale ogni volta, a volte
approfittando dei locali universitari o di qualunque altro posto dove un lupo
mannaro potesse entrare di soppiatto senza troppi problemi.
Dopo tre mesi, decisi che era
giunto il momento di fidarsi…a distanza, naturalmente. Seguii le istruzioni che
il mio contatto mi diede. Col suo aiuto, nell’arco di due settimane, localizzai
ben quattro mannari nella sola Florida. Sottometterli a me non fu facile, ma la
soddisfazione che ricavai nel somministrare loro una cura funzionante superò
ogni sacrificio o timore. Il mio contatto, sotto lo pseudonimo di ‘Artiglio Licano’, mi aveva fatto pervenire un ‘siero’
adatto a curare la maledizione. E i licantropi curati, effettivamente,
tornavano umani.
Che idiota che ero stato!
Non avevo affatto guarito dei
miei ‘figli’, anzi non avevo guarito nessuno.
Il ‘siero’
era un veleno.
I lupi erano diventati umani
ed erano morti. Li avevo uccisi. Di mia spontanea volontà.
Ero stato ingannato. La mia
buona fede violata. Manipolata.
Garolfo Riccardo degli Abruzzi, l’esperto informatico del CdA
della JI, insieme al talento di Angela, lei stessa una ex-spia, aveva
finalmente rintracciato l’origine delle chiamate di ‘Artiglio Licano’. L’unico favore di cui avessi veramente bisogno.
Venivano da una costruzione
lungo questa strada.
Il mio nemico mi stava
aspettando? Senza dubbio: in qualche modo, era riuscito a plagiare alcune aree
della mia mente, sia per spingermi a continuare la caccia ai licantropi, sia
per tenermi sotto controllo[i].
Ed ora che sapeva che ero
libero dal suo influsso, doveva sapere che lo avrei trovato. Non potevo dare
per scontato che mi sottovalutasse.
I miei occhi andarono al
quadro comandi della moto -in mezzo ad una strumentazione che sarebbe andata
bene per un Ala-X della Ribellione, c’era la radio che mi avrebbe collegato in
un attimo al QG della JI. Per l’ennesima volta, fui tentato di chiamarli, per
sapere se tutto andava bene almeno con mia sorella.
Buck Cowan, il mio vecchio
amico, una delle poche persone importanti nella mia vita, era scomparso.
Ma non avrei ceduto. Angela
aveva giurato che mi avrebbe informato lei stessa in caso di sviluppo. E,
comunque, se avesse avuto ragione di temere per la vita di Lissa
e Buck, avrebbe scatenato i Giustizieri per aiutarli.
E in fondo, mi aveva già
salvato la vita. Potevo ben fidarmi di lei, giusto?
Ah, eccola lì, ad appena
cinquecento metri, esattamente dove Garolfo aveva
detto che l’avrei trovata.
Fermai la moto così in fretta
che sollevai una nuvola che puzzava delle gomme consumate.
Scesi. Mi tolsi il casco e lo
appesi al manubrio. Stessa cosa per la sciarpa. Per quanto riguardava il resto
degli abiti, viva le molecole instabili!
Reed Richards avrebbe
meritato il Nobel solo per quelle.
Inspirai profondamente. Il
cuore scalpitava come un puledro. I muscoli fremevano, facendomi contrarre le
dita. Tremavo, ma non era per il freddo.
Il cambiamento giunse su di me
come un’estasi che nessun atto sessuale avrebbe potuto equivalere. In pochi
istanti, la mia massa raddoppiò, concentrata in muscoli guizzanti e duri come
il ferro, protetti da una folta pelliccia castana, su un corpo che presentava
le migliori qualità delle due specie, incluso un muso affilato, lunghe e
sensibili orecchie ed occhi capaci di vedere ben oltre la portata umana.
Mi passai la lingua sulle
zanne, resistendo a stento al desiderio di ululare. Ero un predatore puro, ora,
e il silenzio s’imponeva.
Usando mani e piedi, corsi a
salti verso la tana del nemico.
Niente mine, niente
proiettili, niente frecce avvelenate. Arrivai a destinazione indisturbato.
Mi appoggiai con la schiena
alla parete.
L’edificio era piccolo, un
brutto cubo di cemento bianco che un tempo era stato un bar. La sua insegna di
plastica pendeva come un braccio rotto. Il suo collegamento con il resto del
mondo era una parabolica economica, l’unica cosa nuova visibile. Nessuna
derivazione dai pali della corrente; generatore autonomo, molto anonimo.
Non percepivo alcun odore
‘fuori posto’. Solo sabbia, aria secca, escrementi di
coyote, piccoli animali… Se mi fossi affidato solo ai sensi, come una volta, mi
sarei gettato attraverso la finestra senza pensarci su due volte.
Invece, la consapevolezza che
tutto sembrava a posto mi faceva arruffare la criniera. Ovviamente era una
trappola, ma in cosa consisteva?
Rimasi immobile per altri
dieci minuti, tendendo al massimo le orecchie. Se là dentro c’era un sicario,
era in gamba; difficile tenermi nascosto anche il suo respiro attraverso una
finestra rotta…
Entrai con un salto. Rotolai
più volte sul pavimento. Mi misi su, restando accosciato, pronto ad un altro
salto.
Niente.
Possibile che il mio ‘amico’ avesse deciso di rimandare il nostro incontro? Forse
stava invecchiando, non era un ragazzino nemmeno l’ultima volta che ballammo…
Esplorai il bar. C’erano
impronte di stivali, odore di cibo cacciato e lavorato qui, odore di cibi
preconfezionati, urina. Del mio nemico, di lui,
ora non avevo più dubbi.
Ringhiai. La mia
determinazione si rinnovò. L’ultima volta ci ero andato leggero, mi ero fatto
frenare dalla morale.
Questa volta lo avrei ucciso.
Non ci sarebbero stati altri innocenti morti in nome del suo fanatismo!
Mi diressi verso le scale.
Conducevano di sotto, e lì anche la mia vista era messa a dura prova. Il Lupo
era nervoso; lo capivo, lo stavo portando in uno spazio chiuso. Come tutte le
volte che lo avevo fatto quando volevo metterlo sotto controllo.
Ma quei giorni erano passati.
Bramavo la libertà quanto Lui. Volevo farla finita con questo posto al più
presto.
Staccai un pezzo del corrimano
di legno. Spezzai in due quel frammento, e lanciai i pezzi verso due punti
diversi in fondo alla scala. Mi rispose solo il suono del legno sul pavimento.
Niente file di coltelli ad attendermi, laggiù.
Coprii l’intera scala con un
salto. Mi ritrovai nella cantina. Faceva ancora più freddo.
C’era puzza di morte, qui. Non
era per qualche input sensoriale: semplicemente, un animale poteva percepire
dove la falciatrice era appena passata.
Davanti a me stava la porta
della cella frigorifera. La aprii.
Fui investito dall’odore del
sangue già vecchio e degli escrementi, misto a residui di terrore. E di
qualcos’altro…ma, per ora, la mia attenzione fu attirata dai cadaveri.
Vecchi di giorni, ma ancora
riconoscibili: due uomini ed una donna. Fatti a pezzi, da un licantropo senza
ombra di dubbio -quello era un lavoro
che sapevo riconoscere, credetemi.
Mi chinai ad esaminarli. I
loro volti erano stati maciullati, ma i loro occhi risparmiati. Occhi che
parlavano di una morte lunga e orrenda. Avevano avuto il tempo di vedere il
loro assassino ucciderli.
Provavo pena per loro? No. Le
loro uniformi, azzurre con cintura, stivali e guanti d’argento, le conoscevo
bene: questi erano i fanatici del gruppo La
Spada di Dio. Se le nostre parti fossero state invertite, avrebbero
ulteriormente infierito sul mio corpo, ridendo.
Questa gente i lupi mannari li
odiava con una dedizione particolare, ispirati dal loro capo, il cui odore
permeava questo ambiente.
C’era una cosa che non andava,
tuttavia.
Se il mio fiuto non mi
ingannava, questi idioti erano stati uccisi dal loro stesso capo. E non era poss*
Io potevo essere una
mozzarella, certe volte, ma il Lupo no! Feci uno spettacolare salto
all’indietro nel momento in cui udii i grilletti scattare!
Una raffica di colpi di
energia attraversò il punto in cui mi ero trovato un secondo prima! La parete
fu crivellata come un groviera -certo, io non avrei dovuto veramente
preoccuparmi, visto che solo l’argento poteva farmi secco, ma odiavo essere il
partner passivo, in un rapporto!
I miei aggressori erano
un’intera squadra -stavo invecchiando, per non essermi accorto di loro?! Erano
corazzati, armati per gli orsi, e decisi ad avere la mia pelliccia. Atterrai e
saltai di nuovo -di nuovo appena in tempo.
Ora di riequilibrare il
rapporto! Usai il mio salto non per cercare di colpirli -non direttamente,
almeno. Sapevo che erano pronti a darmi un caldo benvenuto, ma loro non
sapevano che in realtà volevo afferrare la canna di una delle loro armi.
strapparla di mano al suo
proprietario,
e lanciarla nel mucchio come
un ciottolo! Questo li disorientò, creò un varco.
Ed io ne approfittai. Fui in
mezzo a loro, pura furia animale. Zanne ed artigli trovarono i loro bersagli,
strappando, lacerando. Ognuno dei miei pugni sfondò le loro belle visiere come
carta. Non ebbi neppure bisogno di affondare nella carne: la fobia che la mia
specie sembrava stimolare nelle persone lavorava per me, rendendoli incapaci di
concepire una difesa adeguata.
Ne afferrai due per il bavero,
uno per ogni zampa. Li scagliai contro i loro colleghi.
Tre colpi mi raggiunsero alla
schiena! Emisi un verso acuto, fra l’uggiolio ed il ringhio…ma sopravvissi,
contrariamente a quanto si aspettava la donna che aveva trovato i due etti di
fegato.
Mi voltai verso di lei. Il mio
pelo strinato fumava, ma stava già guarendo.
Lei impallidì di brutto. La
pistola le tremava nella mano. “Signore, ti prego…” bisbigliò lei.
Avanzai. Mi toccai la fronte
con l’indice. “Sai come si dice: aiutati che Dio t’aiuta. Mira bene, qui, e
magari vinci una bambolina…”
Dovete capire che in quello
stato, con l’adrenalina che scorreva a fiumi, non solo il tempo sembrava
muoversi al rallentatore, ma anche i miei sensi erano decuplicati.
Mi accorsi subito del fruscio
alle mie spalle…così come del sibilo dell’aria prodotto dall’oggetto diretto al
mio cranio!
Senza togliere gli occhi dalla
donna, feci scattare la mano e afferrai il bastone metallico. Immediatamente,
il palmo della mia mano iniziò a bruciare. Strinsi le zanne -argento,
maledizione!
“Cavaliere di Konshu,” sibilai, “se questa gente è con te, di’ loro di
mettersi tranquilli, o qui ci si fa male sul serio.”
“Agente,” disse la voce
fredda, attutita dalla maschera. “Abbassi le armi. Non è lui il nostro nemico.”
La donna, molto riluttantemente, obbedì. Almeno, la disciplina non le
faceva difetto.
Mi voltai. Lanciai il bastone
maledetto al suo proprietario.
Una mano inguainata di bianco,
con polsi d’argento, afferrò l’oggetto. La stessa mano lo attaccò al suo posto
sulla cintura. “Chi dice che il lupo perde il pelo, ma non il vizio, dovrebbe
parlarne con te, Jack.”
Il nuovo venuto era un uomo
atletico, in piena forma, vestito di un costume bianco e argento, con un Ankh d’oro ricamato
sul petto. Era altresì avvolto da un ampio mantello bianco con un cappuccio,
che metteva in ombra il volto che di scoperto aveva solo gli occhi gialli.
“Ed io avrei preferito
incontrarti sotto auspici migliori, Moon Knight,” dissi io, massaggiandomi il palmo. “Chi sono
questi dilettanti?” indicai gli ‘agenti’, che si
stavano rimettendo faticosamente in piedi. Qualcuno ancora spalancava gli occhi
nel vedermi. “Non le fanno più, le guardie del corpo di una volta.”
“Siamo, o almeno dovremmo
essere,” disse la donna, che ora più che spaventata sembrava davvero molto
delusa di sé, “una StrikeForce Alfa, il braccio armato dell’FBSA[ii].” Si
mise in piedi. Si tolse il casco, rivelando una bellezza dai capelli corti
castani ed occhi nocciola intensi, con i quali interrogò il cavaliere lunare.
Lui annuì. “Per quanto possa
sembrare incredibile, Agente, Mr. Russell è dei
buoni.”
Lei si morse brevemente il
labbro inferiore, poi mi diede la mano. “Agente
Speciale Gunner, ma può chiamarmi G.I. E complimenti
per la batosta. Ce la siamo meritata.”
Ricambiai il gesto. “Jack Russell, ma credo lo sappiate già.”
Fu lei ad annuire. “Lo
sappiamo talmente bene che abbiamo pensato che fosse lei l’esecutore materiale
di questi omicidi.” Indicò i corpi straziati. “Sappiamo che lei, Mr. Russell, ha avuto a che fare, tempo fa, con l’uomo di nome Isaiah Curwen, il Pugnale d’Argento[iii],
e con i suoi seguaci, la Spada di Dio.”
“Colpevole, Vostro Onore. È
anche vero che lo risparmiai, nonostante avessi parecchi motivi per sbranarlo.”
“Lo so. La Polizia locale
trovò più cadaveri che pulci su un cane -senza offesa- ma non trovò il Pugnale.
E gli altri suoi ‘soldati’, quelli che sfuggirono al
massacro, oggi sono ridotti così.”
“Sono stato consultato perché
ci conoscevamo già[iv],”
disse Moon Knight.
“Confesso che all’inizio ero caduto vittima del loro stesso pregiudizio…poi mi
sono reso conto che c’era qualcosa che stonava.” Mi porse alcune fotografie.
Le presi. Le osservai.
Benedissi di possedere una vista quasi monocromatica (ehi, nessuno è
perfetto!), o credo che persino io mi sarei messo a vomitare.
Se i cadaveri nella cella
frigorifera erano conciati male, quelli nelle foto, tutti membri della Spada di
Dio, erano peggio! Il mannaro che se li era lavorati aveva avuto cura di
assicurarsi che rimanessero vivi fino all’ultimo momento possibile. Le loro
espressioni parlavano chiaro. Avevano visto il loro carnefice mangiarseli vivi,
o solo mutilarli o squartarli…
Restituii le foto. Per qualche
notte, avrei cacciato solo erbette profumate, giuro! “In questa creatura, il
lato umano è decisamente prevalente. È un folle.”
“Prego?” fece Gunner.
La guardai dritta negli occhi.
“Il Lupo caccia per sopravvivere, per sfamarsi. Anche se conosce l’ira e la
vendetta, si assicura di uccidere velocemente, efficacemente. Ne so qualcosa,
mi creda.
“L’assassino è stato sadico,
crudele. Non si è nutrito, si è divertito; e questo lo fanno solo gli esseri
umani. Può smentirmi, su questo?”
Lei tacque.
Tornai a rivolgermi a Moon Knight. “Comunque abbiamo un
problema più serio, qui.” Lui aspettò che continuassi, e lo feci. “O il Pugnale
d’Argento ha imparato a simulare molto bene, oppure è diventato un licantropo.”
Uscimmo tutti all’aperto.
Adesso c’erano tre veicoli, intorno all’edificio: due erano hovercar
corazzati, che portavano i colori degli agenti della SFA-grigio
e azzurro. Il terzo era il Mooncopter del cavaliere,
argentato, con le sue ali ricurve che, viste dall’alto, gli conferivano la
sagoma di una falce lunare.
“Tecnologia stealth, così mi
avete fregato prima,” dissi.
“Con qualche aggiunta,” disse Gunner, concedendosi un sorrisetto
di superiorità. “Soppressori chimici degli odori e microunità anti-G per non dovere camminare.”
“Carino. E qual è la nostra
prossima mossa?”
“’Nostra’?” fece lei.
“Sicuro: nessuno può farmi
passare per un maniaco omicida. E lavorando insieme, lo troveremo prima.”
Lei mi squadrò duramente. Con
quegli occhi mi fece capire che avrei passato un brutto quarto d’ora, se non mi
fossi comportato da bravo cagnolino.
Mentre la StrikeForce
si radunava nei suoi veicoli, io seguii il cavaliere. Salimmo a bordo.
Una volta dentro, gli dissi,
“Non possiamo portarceli dietro. Se uno solo di loro viene morso, o lo uccidono
o lo terranno prigioniero da qualche parte per farci esperimenti. E non posso
permetterlo.”
L’inseparabile Frenchie, ai
comandi, chiuse il portello e iniziò la sequenza di decollo. “Credevo che
quella del loup-garou
fosse una maledizione di cui volevi liberarti, Jack.”
Cambiai -inutile fare innervosire
il Lupo in uno spazio chiuso. Marc si tolse la
maschera, e mi passò un mantello di riserva. Mi coprii. “Non più. Non è una
maledizione, se le due anime possono convivere in una; quando l’ho imparato,
quando ho capito quanto fosse meraviglioso, mi sarei preso a calci per averlo
voluto evitare per anni…Marc?”
“Dimmi.”
Lo guardai. Non potevo dire
che fossimo amiconi o chissà che. In realtà, ci eravamo dati una mano a vicenda
in un’occasione, e ci eravamo quasi scannati in un’altra. Potevo fidarmi davvero
di lui? O sarebbe corso a riferire tutto all’FBSA?
Sospirai. “Siamo in tanti. Più
numerosi ed organizzati di quanto pensi. Abbiamo i nostri eroi ed i nostri
criminali, abbiamo uomini e donne che ci proteggerebbero con le loro stesse
vite, e non per paura di ritorsioni, ma perché sanno verità che il pubblico ha
scelto di ignorare.
“Dobbiamo restare nascosti, ma
è nostra intenzione vivere in pace, liberi. Marc, in
nome della nostra sicurezza come Popolo, se il Pugnale d’Argento è un mannaro,
deve morire, o almeno essere esorcizzato. L’umanità deve continuare a vivere
nell’ignoranza, per ora, perché se sapesse…” non ebbi bisogno di finire.
Un lungo silenzio cadde
nell’abitacolo.
Finalmente, Marc disse, “I tre del bar erano gli ultimi. La Spada di
Dio è stata annientata. Sarà ancora più dura trovare Isaiah,
adesso.”
Sorrisi. “Forse no. Hai una connessione Internet, a bordo?”
Me la indicò. “Si, perché?”
Mi diressi al terminale. Aprii
la connessione. Inserii velocemente il familiare indirizzo e-mail. “E’ stato
lui a sguinzagliarmi contro i miei fratelli. Sono sicuro che non resisterà
all’idea di un confronto diretto. Mi odia troppo per lasciarsi sfuggire una
simile occasione…” In quell’esatto momento, mentre
aprivo la mia casella postale, il comunicatore subcutaneo ronzò. “Dimmi,
Angela.” Solo lei poteva chiamarmi, lo aveva anche detto.
C’era un messaggio per me.
Aprii.
“Sabre,
ci sono sviluppi nefasti, purtroppo.” Come sempre, lo disse con quasi distacco,
ma colsi la sfumatura seccata –se c’era una cosa che lei detestava, era di
mancare ad una promessa.
Capii di cosa stava parlando,
purtroppo: l’e-mail da ‘Artiglio Licano’ parlava
chiaro. “Lo so. Lo sto leggendo ora.”
“Posso inviare i Giustizieri…”
La mia voce era già cambiata.
“Io sono un Giustiziere, Angela. Io prenderò quello scarafaggio e
gli farò pentire di essere nato. Chiudo.”
Sullo schermo, il testo
recitava:
Il tuo amico
Buck Cowan è nelle mie
mani. Vieni al Black Moon Bar & Grill, da solo.
Di notte. La Luna ci farà da testimone.
P.S.: E’
stato divertente uccidere le sue cosiddette ‘guardie del corpo’.
Un destino meritato, come lo sarà il tuo.
La lettera era vecchia di tre
giorni!
A quel punto, il mio pugno
peloso trapassò lo schermo a cristalli liquidi.
“Hai intenzione di andare da
solo?” Chiese Marc.
Fosse dipeso dai miei istinti,
avrei non solo detto di sì senza esitazioni, ma mi sarei anche gettato fuori
dal velivolo per correre all’appuntamento. “Ho bisogno di te, cavaliere. Non importa
cosa ne sarà di me, ma Buck è un caro amico, e non
voglio che debba soffrire per mano di quel folle.”
Lui
annuì. Si avvicinò a Frenchie e prese le cuffie. Se
le mise ed aprì un canale. “Agente Gunner? Abbiamo
uno sviluppo imprevisto.”
“Lo
so. Ho intercettato la comunicazione. Knight...”
“Vi
devo chiedere di restarne fuori.”
Ci
fu una pausa di sorpresa, poi, “Sta scherzando, vero? Lei non ha l'autorità
di...”
“Il Black Moon Bar & Grill
si trova a New York. Sto per contattare la Omicidi di Manhattan.
Saranno loro a fare da supporto attivo. O vogliamo perdere tempo ad iniziare
una guerra di competenze?”
Potei
udire il digrignare dei suoi denti. “Eroe,
scazzami questa e ti metto personalmente nei top wanted della nostra lista. Chiaro?”
New York, la sera
successiva
Non era stato per niente
facile convincere Jack a prendersi un po’ di riposo, ma se ci teneva al mio
aiuto, doveva capire che anche io dovevo essere fresco per l’impresa che ci
aspettava.
Certo, ero abituato a farmi
interi giorni consecutivi senza prendere sonno…ma i miei trascorsi con Licantropus mi avevano fatto capire che contro simili
creature occorreva essere al top della forma. Inoltre, dovevo preparare
qualcosa per la battaglia imminente.
Così, eccomi qui, in un
pomeriggio nuvoloso, intento a girovagare nella zona del Black Moon. Strada stretta, senza svincoli, terminante in un
vicolo cieco… Ci credo che il pazzo vuole Jack qui: un posto ideale per un
agguato.
Mi fermai davanti al bar,
cercando di apparire come un derelitto indeciso se spendere o no il suo ultimo
quartino qui. Per buona misura, sapendo che razza di fiuto hanno i mannari, mi
sono cosparso gli abiti con alcol di pessima scelta. Non osavo rischiare barba
o baffi posticci, così mi ero lordato la faccia con olio per motori. La povera
Marlene non ha osato neppure avvicinarmi per il rituale bacio portafortuna;
dovrò spendere una fortuna per una cenetta riparatrice.
Ne dovevo una grossa anche a
Flint. Il poveraccio si era sobbarcato una bella responsabilità, giurando che
sarebbe stato pronto ad intervenire, quando poi aveva dovuto mettere i suoi
uomini a debita distanza dal bar, per non rovinare il mio ingresso.
Entrai.
Il BM era evidentemente uno di
quei posti che si animano di sera. C’erano tre clienti, seduti ad un tavolino e
nessuna traccia del barman.
Mi diressi al bancone. I
clienti, tre ragazzi, mi guardarono con diffidenza. Erano arroganti, sicuri di
sé, e si aspettavano di piegarmi con il solo sguardo. Io distolsi velocemente
il mio -un piccolo test, un’inutile prova di forza.
C’era qualcosa nel modo in cui
agivano, nel modo in cui riuscivano ad essere tesi nonostante fossero
apparentemente rilassati…
Guerrieri. Ne avevo visti
abbastanza da poterli riconoscere alla prima occhiata. Giovani nel corpo, ma
precocemente induriti nella mente.
Ferali.
Mi sedetti su uno sgabello.
Tirai una sigaretta fuori da una tasca bisunta. Il pacchetto era accartocciato.
In barba ad ogni regolamento sulla salute, presi anche i fiammiferi e mi accesi
una cicca malmessa. Inspirai e tossii.
I ragazzi continuavano a
tenermi gli occhi addosso, non avevo neppure bisogno di voltarmi per
verificarlo.
Mi davano i brividi.
Come faceva Jack.
Un dubbio tremendo cominciava
a farsi largo nei miei pensieri. E se avevo ragione, quelli non stavano
limitandosi a fissarmi.
Mi stavano esaminando.
Il barista ancora non si
vedeva. E ormai era chiaro che non sarebbe più venuto.
Non era il suo territorio,
questo. Non più.
Mi alzai…e in quel momento,
una mano si serrò intorno alla mia spalla. “Vai già via, amico?” Una morsa
ferrea, inaspettata -maledizione, continuavo a dimenticare come potessero
essere veloci e silenziosi!
Ma quelle riflessioni non
importavano più, non quando mi trovai a volare per tutto il locale.
A mezz’aria, feci una
capriola, ed atterrai su un tavolo.
“Te l’ho detto che era uno
duro, Sarge,” disse uno di loro, uno skinhead che aveva un monocolo applicato all’occhio
sinistro e spalline borchiate con aculei.
Sarge, un biondino che indossava un’uniforme che sembrava
saltata fuori da un disco dei Beatles, con tanto di
spalline a spazzola, si crocchiò le dita. “Meglio. Adoro ammorbidirli un po’,
prima di servirli.” Sorrise, e quei denti appuntiti confermarono i miei
peggiori timori.
Non c’era il Pugnale d’Argento
dietro ai delitti.
Il terzo ‘ragazzo’,
che indossava un’uniforme bianca e bombetta da ‘drugy’
(presente Arancia Meccanica?), fece roteare il suo lungo bastone. Con un gesto
elegante, lo afferrò con entrambe le mani e tirò, estraendo una lunga lama. “Io
preferisco l’affettato, si mangia bene sempre. Allora, chi ci mette il pane?”
Caricarono, tutti insieme.
Pessima idea! Aspettandomi comunque un licantropo, non ero del tutto
impreparato.
Velocemente, estrassi e
lanciai a terra una granata -una speciale, che emise un tremendo bagliore
luminoso, un gas innocuo ma spaventosamente puzzolente per i sig.ri nasifini, e infine un concerto polifonico per ultrasuoni.
Insomma, un cocktail fatto per
sommergere i sensi di questi mostri! E come previsto, i miei aggressori caddero
a terra, reggendosi la testa, tossendo e tenendo gli occhi serrati. Quasi mi
avrebbero fatto pena.
Quasi. Mi liberai del
travestimento, e saltai dietro di loro.
Ci diedi dentro di calci e
pugni contro le loro zucche, in rapida sequenza, senza economizzare in forze.
Quelli andarono giù definitivamente.
Una porta si aprì. Mi tesi,
aspettandomi il 7mo cavalleggeri peloso…invece, con calma, emerse il resto del
branco. Tutti in forma umana. Per ora.
In testa al gruppo c’era una
donna dai capelli rossi come il fuoco, con delle vene di bianco. Sorrideva, e
in quel sorriso non c’era nulla di benevolo. “Tu porti addosso l’odore di
nostro padre,” disse. “E vesti d’argento, come i nostri nemici. Allora, quanto
in fretta vuoi morire?”
Ce n’erano almeno una dozzina.
“Dipende,” dissi.
“Oh. E da cosa?”
“Da quanto in fretta volete
morire voi.” E dicendolo, lanciai il
bastone, imprimendogli un moto rotatorio.
Il branco non si disperse
abbastanza in fretta, ed alcuni di loro furono colpiti al ventre, facendo un
volo all’indietro!
La donna cambiò a mezz’aria,
diventando una mannara dal pelo grigio e rosso come i capelli. Mi fu addosso come
la furia che era, una mano puntata alla gola, l’altra al ventre.
Peccato per lei che non fossi
un dilettante! La intercettai con un calcio al mento. Le strappai un uggiolio,
ma subito dopo altri due mostri mi furono addosso! Finimmo tutti contro la parete.
L’impatto mi tolse il fiato.
I mannari mi lasciarono un
attimo dopo, ringhiando di dolore, le braccia fumanti per lo stretto contatto
con l’argento. Rincarai la dose con un doppio pugno ai loro musi.
La femmina e i tre storditi
erano già di nuovo in piedi. Contando loro, ne mancavano solo dodici…di nuovo,
e tutti ora erano nella piena forma lupina. Una
passeggiata.
Mi preparai, tenendo due
bastoni incrociati come fossero scudi. Sembravo patetico, alla frutta, ed era
esattamente l’impressione che volevo dare.
Loro mi vennero addosso come
una sola pelliccia.
Ovviamente, non avevo una sola
speranza in un simile assalto frontale. Nel corpo a corpo.
Ma avevo ancora le mie
granate! E ad una simile distanza, due furono l’equivalente di una carica di
tritolo! Mi finirono addosso per pura inerzia, ma molti erano già svenuti. Gli
altri erano troppo occupati a reggersi il muso per pensare a me.
Fui sommerso. Ma non era
quella la mia preoccupazione.
Mi importava che il mio amico
avesse il terreno libero per saltare dentro il locale. Lo vidi raggiungere la
porta all’estremità della sala con un solo salto -sperai solo che
l’architettura non fosse stata modificata dalla sua ultima visita[v].
Fui dentro. Niente trappole o
roba simile. Mi aspettavo di meglio, da quella cagna di Layla.
L’odore della paura di Buck mi guidò infallibilmente a lui -ed infatti eccolo lì.
Vederlo in quelle condizioni, sporco delle sue stesse deiezioni, disidratato e
tremante, ebbe su di me contemporaneamente l’effetto di una doccia fredda e di
un’iniezione di ira pura.
“Buck…”
mi avvicinai a lui. Spezzai le sue corde. Lui sarebbe crollato a terra come un
fagotto, se non fosse stato per le mie braccia. “Buck,”
uggiolai. “Rispondimi.”
Lui lo fece. Aprì appena gli
occhi, tentò di gracchiare qualcosa. Sentivo l’odore del suo sangue, ma non
quello della maledizione. Era stato torturato, ma non infetto.
“Jack..?”
“Sono io. Ti porterò via di
qui sub*RARRRGH!*” terminai con un ruggito di dolore,
quando artigli di fuoco mi scavarono nella schiena! Poco ci mancava che
lasciassi cadere Buck. Mi voltai.
Colpa mia! Mi ero così
concentrato su quello di Buck, da dimenticarmi del
suo carceriere! Un licantropo dalle lunghe orecchie, un altro fantasma del mio
passato. “Era un po’ che non ci vedevamo, Scuzz.”
Scuzz sorrise. Fletté gli artigli, sporchi di sangue
incrostato; il sangue di Buck, “È un piacere
rivederti, paparino. Ti sono mancato?”
Mi mossi in circolo, imitato
dal mio avversario. “A ben pensarci, era difficile che le lance di un cancello
di ferro potessero ucciderti. Ci siete voi Mangiacervelli
dietro alla mia ‘missione’?”
“Già. Layla
e i suoi tre accoliti erano feriti gravemente, ma quei fessi della Spada di Dio
avevano sparato nel mucchio, senza sincerarsi di avere fatto un buon lavoro. È
stata una faticaccia recuperarli, ma io
ho fatto un buon lavoro. Mentre tu e Ghost non avete fatto bene a lasciare gli
altri vivi…*tsk tsk* è
bastato chiedere l’aiuto di un buon chirurgo per rimuovere quei proiettili
d’argento che avevate piantato nei loro corpi[vi].”
“Credevo che vi piacesse
uccidere solo esseri umani. Perché colpire i vostri stessi simili?”
“Disciplina. Gli sciocchi
avevano rifiutato di riconoscerci come i loro capi. Il miglior modo di punire
un cucciolo ribelle è ucciderlo; e chi meglio di te per farlo?” ridacchiò,
quella risatina da demente. “Dovevi vedere le loro facce, quando il ‘trattamento’ che gli davi in realtà causava loro una serie
di collassi degli organi.”
Depositai Buck
a terra, senza togliere gli occhi di dosso dal folle. “La vita è preziosa, e non
ha senso sprecarla. Per questo ho lasciato gente come voi vivere; credevo che
avreste riflettuto, capito… Ora capisco che solo la morte può fermarvi.”
“Hai fatto un passo avanti,
padre…ma troppo poco, troppo tardi. Senti? La battaglia, lassù, è finita, e
presto pasteggeremo anche con il cadavere del tuo alleato… *tss*
chissà cosa pensavi di fare portandotelo dietro…”
In quel momento, una sagoma si
stagliò sulla soglia. Una mano andò all’interruttore. La luce fu accesa.
E Moon
Knight, lacero, senza il mantello, sanguinante almeno
da una dozzina di punti, ed esausto, ma vivo, iniziò a scendere le scale. Nelle
mani, reggeva i suoi bastoni.
Fu un piacere vedere la faccia
di Scuzz passare dal trionfo allo sgomento.
“Impossibile…no…un uomo solo non poteva…”
“Un uomo protetto da Konshu, licantropo,” disse il cavaliere. “Un uomo che del
combattimento corpo a corpo ha fatto un’arte, mentre i tuoi simili sono poco
più che bruti guidati dalla sete di sangue. Uno solo dei miei nemici vale il tuo intero ‘branco’.”
A questo punto, basta con le
chiacchiere! Saltai addosso a Scuzz, mirando alla
gola. Con un colpo solo, gli tagliai la carotide! Scuzz
ululò, ma si riprese in fretta, ricambiando con un potente morso al polso; mi
tranciò di netto l’arteria.
Ci staccammo, tenendoci a
distanza, lasciando che i nostri fattori di guarigione ci mettessero a posto,
scambiandoci ringhi.
“Questa volta non potrai
liberarti di noi tanto facilmente,” disse Scuzz
lanciando occhiate alternativamente a me ed al Cavaliere. “Il tuo amico non può
udirli, ma noi sì, vero?”
Era vero, purtroppo! Layla e gli altri stavano già riprendendosi. Moon Knight era riuscito a dare
loro una bella batosta, ma senza infliggere delle ferite mortali, era inutile.
Improvvisamente, Scuzz saltò -non verso di me, ma verso la scala!
Moon Knight lo intercettò al
ventre con il bastone. Il licantropo emise un grugnito e ricadde all'indietro.
Saltai. Gli fui alla gola.
Morsi. Yuk, persino il suo sangue faceva schifo!
In compenso, lui fu lesto: mi
mollò un calcio al basso ventre! Toccò a me di cadere su un fianco, grugnendo.
Scuzz si alzò in piedi. “Fra noi due, questa non la
vinciamo, padre. Ma se continuiamo così, ci penseranno gli umani a finirla. Ti
propongo un patto.”
Flettei gli artigli. “E tu
credi che..?”
“Lasciaci andare, e usciremo
dalla tua vita. Per sempre. E smetteremo di cacciare umani, se tu smetterai di
dare la caccia a noi.”
Cosa voleva dire questo
improvviso cambio di rotta?! Vidi con la coda dell'occhio Moon
Knight irrigidirsi -chiaramente, stava pensando anche
lui alla stessa cosa.
Scuzz voleva guadagnare tempo, ma per cosa?
Poi si udirono le sirene della
polizia.
Sbarrai gli occhi!
“Sporchi...”
Scuzz sorrise. “Oh, non te la prendere,” disse, mentre
tornava umano. Per questo si era tenuto i vestiti addosso -e c'era da
scommettere che anche gli altri avevano fatto la stessa cosa.
Moon Knight scosse la testa:
questa volta, la sua iniziativa per gestire il caso gli si era rivoltata
contro. L'FBSA non sapeva che i Mangiacervelli erano
gli assassini, e non c'era davvero molto da guadagnarci, nel mettere al
corrente la Polizia.
Gli agenti entrarono a pistole
spianate.
Devo
proprio dire che faccia fecero, nel vedermi?
Ci volle mezz'ora per calmare
i nervi dei novelli Callaghan. Guardarono con
sospetto la mia tessera della JI, che portavo al collo, sotto la pelliccia.
Credo che avesse fatto più bene la buona parola di Marc.
Il resto della notte passò fra
scartoffie e le minacce di Gunner, oltre al
rimprovero di Angela per avere malgestito la
situazione.
Non mi ha preoccupato la sua
rassicurazione sul non dovermi preoccupare: sarebbe stato il Popolo stesso ad
occuparsi delle sue 'mele marce'.
L'unica cosa che so è che non
ci saranno più morti innocenti della mia gente. E che presto anche gli uomini
avrebbero potuto dormire qualche sonno più tranquillo.
Non ho potuto neppure salutare
Marc...ma sembra che sia la norma, con lui.
E finisco dove ho iniziato,
con la mia moto, e una strada che si perde nell'orizzonte. Domani riprendo il
lavoro come Giustiziere...
Un'ombra passò su di me.
Sollevai la testa giusto in tempo per vedere una piccola falce lunare brillare
nel cielo.
Dovremmo rifarlo, marpione.